mercoledì 10 dicembre 2008

Le mani del Sacerdote

Chi è che ci prepara l’Eucaristia e ci dona Gesù? È il Sacerdote. Se non ci fosse il Sacerdote, non esisterebbero né il Sacrificio della Messa, né la S. Comunione, né la Presenza Reale di Gesù nei Tabernacoli.E chi è il Sacerdote? È l’“Uomo di Dio” (2 Tim. 3, 17). Difatti, è solo Dio che lo sceglie e lo chiama da mezzo agli uomini, con una vocazione specialissima (“Nessuno assume da sé questo onore, ma solo chi è chiamato da Dio”: Ebr. 5, 4), lo separa da tutti gli altri (“segregato per il Vangelo”: Rom. 1, 1), lo segna con un carattere sacro che durerà eternamente (“Sacerdote in eterno”: Ebr. 5, 6) e lo investe dei divini poteri del Sacerdozio ministeriale perché sia consacrato esclusivamente alle cose di Dio: il Sacerdote “scelto fra gli uomini è costítuito a pro’ degli uomini in tutte le cose di Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati” (Ebr. 5, 1-2).Con la Sacra Ordinazione il Sacerdote viene consacrato nell’anima e nel corpo. Diviene un essere tutto sacro, configurato a Gesù Sacerdote. Per questo il Sacerdote è il vero prolungamento di Gesù; partecipa della stessa vocazione e missione di Gesù; impersona Gesù negli atti più importanti della redenzione universale (culto divino ed evangelizzazione); è chiamato a riprodurre nella sua vita l’intera vita di Gesù: vita verginale, povera, crocifissa. È per questa conformità a Gesù che egli è “ministro di Cristo fra le genti” (Rom. 15, 16), guida e maestro delle anime (Matt. 28, 20).S. Gregorio Nisseno scrive: “Colui che ieri era confuso col popolo, diventa suo maestro, suo superiore, dottore delle cose sante e capo dei sacri misteri”. Ciò avviene ad opera dello Spirito Santo, poiché “non è un uomo, non un angelo, non un arcangelo, non una potenza creata, ma lo Spirito Santo quegli che investe del Sacerdozio” (S. Giovanni Crisostomo). Lo Spirito Santo configura l’anima del Sacerdote a Gesù, impersona Gesù in lui, di modo che “il Sacerdote all’altare opera nella stessa Persona di Gesù” (S. Cipriano), ed “è padrone di tutto Dio” (S. Giovanni Crisostomo). Non ci sarà da meravigliarsi, allora, se la dignità del Sacerdote viene considerata “celestiale” (S. Cassiano), “divina” (S. Dionisio), “infinita” (S. Efrem), “venerata con amore dagli stessi Angeli” (S. Gregorio Nazianzeno), tanto che “quando il Sacerdote celebra il Sacrificio Divino, gli Angeli stanno vicini a lui, e in coro intonano un cantico di lode in onore di colui che si immola” (S. Giovanni Crisostomo). E ciò avviene ad ogni S. Messa!Sappiamo che S. Francesco d’Assisi non volle diventare Sacerdote perché si riteneva troppo indegno di così eccelsa vocazione. Venerava i Sacerdoti con tale devozione da considerarli suoi “Signori”, poiché in essi vedeva solamente “il Figlio di Dio”; e il suo amore alla Eucaristia si fondeva con l’amore al Sacerdote, il quale consacra e amministra il Corpo e Sangue di Gesù. In particolare, venerava le mani dei Sacerdoti, che egli baciava sempre in ginocchio con grande devozione; e anzi baciava anche i piedi e le stesse orme dove era passato un Sacerdote.La venerazione per le mani consacrate del Sacerdote, baciate con riverenza dai fedeli, è da sempre nella Chiesa. Basti pensare che durante le persecuzioni, nei primi secoli, un oltraggio particolare ai Vescovi e ai Sacerdoti consisteva nell’amputare loro le mani, perché non potessero più né consacrare né benedire. I cristiani raccoglievano quelle mani e le conservavano come reliquie fra gli aromi. Anche il bacio delle mani del Sacerdote è una espressione delicata di fede e di amore a Gesù che il Sacerdote impersona. Più si ha fede e amore, più si è spinti a prostrarsi dinanzi al Sacerdote e a baciare quelle mani “sante e venerabili” (Canone Romano) fra cui Gesù si fa amorosamente presente ogni giorno. “O veneranda dignità del Sacerdote - esclama S. Agostino - nelle cui mani il Figlio di Dio si incarna come nel seno della Vergine!”. E il S. Curato d’Ars diceva: “Si dà un gran valore agli oggetti che sono stati deposti, a Loreto, nella scodella della Vergine Santa e del Bambino Gesù. Ma le dita del Sacerdote, che hanno toccato la Carne adorabile di Gesù Cristo, che si sono affondate nel calice, dove è stato il suo Sangue, nella pisside dove è stato il suo Corpo, non sono forse più preziose?”. Forse non ci abbiamo mai pensato, ma è così. E gli esempi dei Santi lo confermano.La venerabile Caterina Vannini vedeva in estasi gli Angeli che durante la Messa circondavano le mani del Sacerdote e le sostenevano al momento dell’elevazione dell’Ostia e del Calice. Possiamo immaginare con quale rispetto e affetto la venerabile baciava quelle mani?Santa Edwige, regina, ogni mattina assisteva a tutte le SS. Messe che si celebravano nella Cappella di Corte, mostrandosi molto grata e riverente verso i Sacerdoti che avevano celebrato: li invitava dentro, baciava loro le mani con somma devozione, li faceva nutrire, trattandoli con tutti gli onori più distinti. La si udiva esclamare commossa: “Benedetto chi ha fatto discendere Gesù dal cielo e lo ha dato a me”.S. Pasquale Baylon era il portinaio del Convento. Ogni volta che arrivava un Sacerdote, il santo fraticello si inginocchiava e gli baciava riverentemente tutte e due le mani. Di lui, come di S. Francesco, si disse che “era devoto delle mani consacrate dei Sacerdoti”. Egli le riteneva capaci di tener lontani i mali e di ricolmare di beni chi le toccava con venerazione, perché sono le mani di cui si serve Gesù.E non era forse edificante vedere come P. Pio da Pietrelcina cercava di baciare con amore le mani di qualche sacerdote, magari afferrandole a sorpresa? E che dire dell’altro servo di Dio, Don Dolindo Ruotolo, il quale non ammetteva che un Sacerdote potesse negargli “la carità” di fargli baciare le mani?Del resto, sappiamo che questo atto di venerazione spesso è stato premiato da Dio con veri miracoli. Nella vita di S. Ambrogio, si legge che un giorno, appena celebrata la S. Messa, il Santo fu avvicinato da una donna paralitica che volle baciargli le mani. La poveretta riponeva grande fede in quelle mani che avevano consacrato l’Eucaristia: e fu guarita all’istante. Lo stesso, a Benevento, una donna paralitica da quindici anni, chiese al Papa Leone IX di poter bere l’acqua da lui adoperata durante la S. Messa per l’abluzione delle dita. Il Santo Papa accontentò l’inferma in questa richiesta umile come quella della Cananea che chiese a Gesù “le briciole che cadono dalla mensa dei padroni” (Matt. 15, 27). E fu subito guarita anch’essa.La fede dei Santi era davvero gigante e operante! Vivevano di fede (Rom. 1, 17) e operavano per fede con un amore che non ammetteva limiti quando si trattava di Gesù. E il Sacerdote per essi era né più né meno che Gesù. “Nei Sacerdoti vedo il Figlio di Dio”, diceva S. Francesco d’Assisi. “Ogni volta che vedete un Sacerdote - predicava il S. Curato d’Ars - pensate a Gesù”. S. Maria Maddalena de’ Pazzi, infatti, parlando di qualche Sacerdote soleva dire: “questo Gesù”. Ed è per questo che S. Caterina da Siena e S. Teresa di Gesù baciavano la terra dove era passato un Sacerdote. Ancor più, S. Veronica Giuliani, un giorno, visto il Sacerdote salire la scala del monastero per portare la S. Comunione alle ammalate, si inginocchiò in fondo alla scalinata e salì quei gradini in ginocchio, baciandoli uno ad uno e bagnandoli di lagrime d’amore. Quando si ama!“Se io incontrassi - diceva il S. Curato d’Ars - un Sacerdote e un Angelo, saluterei prima il Sacerdote, poi l’Angelo... Se non ci fosse il Sacerdote, a nulla gioverebbe la Passione e la Morte di Gesù... A che servirebbe uno scrigno ricolmo d’oro, quando non vi fosse chi lo apre? Il Sacerdote ha la chiave dei tesori celesti...”. Chi fa discendere Gesù nelle candide ostie? Chi mette Gesù nei nostri Tabernacoli? Chi dona Gesù alle nostre anime? Chi purifica i nostri cuori per poter ricevere Gesù?... Il Sacerdote, solo il Sacerdote. Egli è il “ministro del Tabernacolo” (Ebr. 13, 10), è il “ministro della riconciliazione” (2 Cor. 5, 18), è il “ministro di Gesù per i fratelli” (Col. 1, 7), è il “dispensatore dei misteri divini” (1 Cor. 4, 1). E quanti episodi non si potrebbero narrare di Sacerdoti eroici nel sacrificare se stessi per donare Gesù ai fratelli? Ne riferiamo uno solo fra i tanti.Alcuni anni fa, in una parrocchia bretone stava per morire il vecchio curato. Insieme a lui, era in fin di vita anche uno dei suoi parrocchiani, tra i più lontani da Dio e dalla Chiesa. Il povero Parroco era desolato perché impossibilitato a muoversi, e mandò a lui il viceparroco avvertendolo di ricordare al moribondo che una volta aveva promesso di non morire senza i Santi Sacramenti. “Ma io lo promisi al Parroco, e non a voi”, si scusò il malato. Il vice-parroco dovette andarsene, e riferì la risposta al Parroco. Questi non si tirò indietro, pur sapendo di avere solo poche ore di vita. Pregò e ottenne di essere portato a casa del peccatore. Vi arrivò; riuscì a confessare e a dare Gesù al moribondo; poi gli disse: “Arrivederci in Paradiso!”. Su una lettiga il coraggioso Parroco fu riportato in canonica. Arrivati, si sollevò la coperta, ma il parroco non si muoveva più: era spirato.Veneriamo il Sacerdote e siamogli grati perché ci dona Gesù; ma soprattutto preghiamo per la sua altissima missione, che è la missione stessa di Gesù: “Come il Padre ha mandato Me, così io mando voi” (Giov. 20, 21). Missione divina che fa girar la testa e impazzir di amore, a rifletterci fino in fondo. Il Sacerdote “è assimilato al Figlio di Dio” (Ebr. 7, 3), e il Santo Curato d’Ars diceva che “solo in cielo misurerà tutta la sua grandezza. Se già sulla terra lo intendesse, morrebbe non di spavento, ma di amore... Dopo Dio, il Sacerdote è tutto”.Ma questa sublimità di grandezza comporta responsabilità enormi che pesano sulla povera umanità del Sacerdote; umanità in tutto identica a quella di ogni altro uomo. “Il Sacerdote - diceva S. Bernardo - per natura è come tutti gli altri uomini, per dignità è superiore a qualsiasi altro uomo della terra, per condotta deve essere emulo degli Angeli”.Vocazione divina, missione sublime, vita angelica, dignità eccelsa, pesi sterminati... in povera carne umana! Diceva bene il Servo di Dio Don Edoardo Poppe, sacerdote mirabile: “Il Sacerdozio è Croce e Martirio”.Si pensi al peso delle responsabilità per la salvezza delle anime affidate al Sacerdote. Egli ha da preoccuparsi di portare alla fede gli increduli, di convertire i peccatori, di infervorare i tiepidi, di sospingere sempre più in alto i buoni, di far camminare sulle vette i santi. Ma come può fare tutto ciò se non è davvero “uno” con Gesù? Per questo Padre Pio da Pietrelcina diceva: “Il Sacerdote o è un santo o è un demonio”. O santifica o rovina. Ma quale disastro incalcolabile non provoca il Sacerdote che profana la sua vocazione con un indegno comportamento o addirittura la calpesta rinnegando il suo stato di consacrato ed eletto del Signore (Giov. 15, 16)?Il S. Curato d’Ars, è scritto nei Processi canonici, versava lagrime abbondantissime “pensando alla disgrazia dei sacerdoti che non corrispondono alla santità della loro vocazione”. E P. Pio da Pietrelcina ha descritto visioni angosciose sulle sofferenze spaventose di Gesù per colpa di sacerdoti indegni e infedeli.Si sa che S. Teresina, l’angelica carmelitana, fece la sua ultima Comunione, prima di morire, per questa sublime intenzione: ottenere il ritorno di un Sacerdote traviato che aveva rinnegato la sua vocazione. E si sa che questo sacerdote morì pentito, invocando Gesù. Sappiamo che non sono rare le anime, specialmente verginali, che si sono offerte vittime per i Sacerdoti. Sono anime predilette da Gesù in modo assolutamente singolare. Ma preghiamo anche noi, e offriamo anche noi sacrifici per i Sacerdoti, per quelli in pericolo e per quelli più saldi, per quelli traviati e per quelli già avanti nella perfezione. E in particolare, ogni volta che vediamo un Sacerdote all’altare, preghiamo anche noi la Madonna con le parole del venerabile Carlo Giacinto: “O cara Madonna, presta il tuo Cuore a quel Sacerdote, affinché possa degnamente celebrare”. Meglio ancora, anzi, preghiamo perché ogni Sacerdote possa imitare S. Gaetano, il quale si preparava alla celebrazione della S. Messa unendosi così intimamente a Maria SS., che di lui si diceva: “celebra la Messa come se fosse Lei”. E difatti, come la Madonna accolse Gesù fra le sue mani a Betlem, così il Sacerdote riceve Gesù fra le sue mani nella S. Messa. Come la Madonna offrì Gesù Vittima sul Calvario, così il Sacerdote offre l’Agnello immolato sull’altare. Come la Madonna ha donato Gesù all’umanità, così il Sacerdote ci dona Gesù con la S. Comunione. Dice bene, quindi, S. Bonaventura: ogni sacerdote all’altare dovrebbe essere interamente identificato alla Madonna, perché “come per mezzo di Lei ci è stato dato questo Santissimo Corpo, così per le sue mani si deve offrire”. E S. Francesco d’Assisi diceva che la Madonna rappresenta per tutti i Sacerdoti lo specchio della loro santità, data la stretta vicinanza che c’è fra l’incarnazione del Verbo nel seno di Maria e la consacrazione eucaristica fra le mani del Sacerdote.

Il Sacerdote e l' ubbidienza

Il dono della vocazione al Sacerdozio è un atto di ubbidienza di Gesù al Padre. Egli afferma: «Io faccio sempre quello che piace al Padre».
Narra il Vangelo che Gesù salì sul monte tutto solo trascorrendo la notte in preghiera. In questo colloquio col Padre egli ne udì la voce che indicava chi erano gli eletti... e non solo quelli di allora, ma anche quelli di tutti i secoli. In quella notte è stato pronunziato anche il tuo nome, o Sacerdote! Per quel nome trasmesso durante la intimità col Padre, per opera dello Spirito Santo, hai sentito quella vo­ce misteriosa che ti dice «Vieni e seguimi». E tu, mosso interiormente dallo stesso Spirito, con inti­ma gioia e totale abbandono, hai risposto: «Eccomi! Vengo!». Ed eccoti Sacerdote! Gesù, dunque ha ubbidito al Padre chiamandoti, e tu hai ubbidito a Gesù rispondendo di sì.
La vocazione è sempre un miracolo
come lo è la perseveranza, specialmente nel mondo in cui viviamo nel quale risuonano insistenti, suadenti, altre «vocazioni», altri «appelli» ad una vita di pia­ceri e di godimenti.
La vocazione è anche un mistero: mistero di stoltezza per il mondo che considera pazzi quelli che si consacrano a Dio; sempre mistero anche per i buoni che non riescono a spiegarsi il perché di tale scelta.
Gesù, però, non obbedisce solo al Padre. Egli è obbediente anche a Giuseppe e a Maria. L'Evangelista riassume in tre parole trenta anni di vita di Gesù a Nazareth: «Era loro sottomesso» «Erat subditus illis».
Gesù ubbidisce anche a te, Sacerdote. Egli non si rifiuta mai di farsi presente all'altare quan­do tu pronunzi le parole della Consacrazione. Non si rifiuta neanche se il suo Ministro fosse indegno e sacrilego.
Era tale lo spirito di ubbidienza del Signore che ha riconosciuto il potere derivante da Dio an­che in Pilato, che pure si è macchiato del delitto della condanna a morte. «Tu non avresti nessuna autorità su di me, se non ti venisse dall'Alto» disse Gesù a Pilato.

L'ubbidienza: via di salvezza
L'ubbidienza è l'unica via regale che ha per­corso Gesù, Sacerdote sommo ed eterno, perché
questa è la volontà del Padre. «Umiliò se stesso fa­cendosi obbediente fino alla morte, e alla morte di Croce», dice la Bibbia di Gesù.
II Signore ha associato a sé nel mistero di sal­vezza la Madonna che si proclama «schiava» e perciò Colei che obbedisce sempre e solo.
E tu, Sacerdote, quale ruolo hai nel mistero della salvezza?
II Sacerdote è per definizione colui che; pro­lunga la presenza e l'opera di Gesù. Perciò, come Gesù Sacerdote deve avere sempre l'atteggiamento del «servus oboediens», di Gesù, che fin dal mo­mento della Incarnazione dice al Padre: «Eccomi, o Dio pronto a fare la tua volontà». Gesù ha sotto­messo sempre e perfettamente la sua intelligenza e volontà umana al Padre.
La sua intelligenza. Sentiamone le parole tra­smesse dal Vangelo.
«La mia dottrina non è mia ma del Padre che mi ha mandato». «Tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi». «Io non ho parlato da me, ma il Padre che mi ha mandato mi ha ordinato che cosa devo dire» (Gv 12,49-50). «Le cose che io dico le dico come il Padre ha detto a me» (ibidem).
La sua volontà. Gesù ha sottomesso la sua volontà umana con amore alla volontà del Padre. Eccone alcune espressioni.
«Io faccio sempre quello che piace al Padre». «Non la mia, ma la tua volontà sia fatta». « Io agi­sco così perché voi sappiate che io amo il Padre».
II Sacerdote - estensione del Sacerdozio di Cristo - deve sottoporre la propria intelligenza, in materia di fede alla Chiesa (ricordare: «Chi ascolta voi ascolta me... La mia Chiesa... conferma i tuoi fratelli... » Grande dono di Dio il Magistero della Chiesa! Ci garantisce da ogni deviazione dottrinale.
È un controsenso e segno di poca compren­sione della dimensione sacrificale del Sacerdozio, uscire in queste espressioni quando parla il Magi­stero: Io non sono d'accordo! Io non la penso così! E tu chi sei? Tu invece devi dire al popolo: «La mia dottrina non è mia ma della Chiesa che mi ha mandato». Imita san Paolo (Gal 1) il quale ave­va ricevuto direttamente dal Signore la divina rive­lazione; eppure va due volte a Gerusalemme per confrontare la sua dottrina col Magistero della Chiesa e afferma di agire così per «1Von correre il rischio di correre o aver corso invano!».
II Sacerdote deve sottoporre la propria volon­tà alla Chiesa e per essa a Dio, accettando per
amore il ruolo che gli viene affidato, pronto a ri­nunciare ai piani pastorali personali per realizzare quelli che vengono proposti dai legittimi pastori; ciò anche nei comportamenti, nelle azioni liturgi­che ecc., rinunziando ai propri gusti per seguire le indicazioni della Chiesa.
Anche Gesù, che conosceva bene il progetto del Padre «Croce e Martirio», ha avuto delle pro­poste e delle offerte allettanti. II nemico osò tentar­lo a realizzare la salvezza non secondo il piano di­vino, ma secondo quello umano.
Gesù ha accettato la volontà del Padre sotto­ponendosi all'apparente fallimento di tutta la vita ed opera nel naufragio del Calvario. Chicco di grano maciullato!
II Sacerdote è ubbidiente alla volontà del Pa­dre quando ce la mette tutta per salvare le anime e raccoglie triboli e spine al posto dei frutti; quando egli è disposto ad accettare anche l'agonia del Getsemani vedendo gli amici che, invece di dargli una mano, lo abbandonano.
Allora Egli è davvero conforme a Cristo ago­nizzante e si... santifica, e salva le anime.
Ma è gratificante obbedire?
Non è umiliante per la propria personalità?
È forse umiliante per l'occhio umano essere potenziato dal telescopio e vedere quello che al­trimenti non si vedrebbe? È forse umiliante per il braccio umano sollevare con la gru quello che al­trimenti non sarebbe possibile sollevare con la sola forza del braccio? Così è quando sottometto con la ubbidienza la mia ragione al credo accettando il Magistero anche Ordinario.

IL SACERDOZIO COMUNE DEI FEDELI

San Pietro, nella seconda Lettura, chiama i fe­deli «stirpe eletta, sacerdozio regale... ».
In virtù del Battesimo i laici vengono «consacrati» a Dio con una vera Vocazione, perciò sono chiamati «stirpe eletta (scelti, chiamati)».
Per questo motivo essi non appartengono più a se stessi, ma a Dio quali membra del corpo mistico di Gesù Cristo, che è tutto sacerdotale.
Il Concilio Vaticano II nel documento Lumen gentium afferma che «il Sommo ed Eterno Sacer­dote Gesù Cristo vuole continuare anche attraver­so i laici la sua testimonianza e il suo ministero e concede loro parte del suo ufficio sacerdotale, per esercitare un culto spirituale, affinché Dio sia glorificato e gli uomini salvati».
Il Corpo Mistico di Gesù Cristo è Corpo e Capo. La differenza che vi è tra il Sacerdozio dei fe­deli e il Sacerdozio ministeriale (che è proprio di chi riceve il Sacramento dell'Ordine Sacro) sta proprio in questa distinzione:
- chi riceve il Battesimo diventa membro del Corpo Mistico di Gesù Cristo con doveri e funzioni specifiche;
- chi riceve il Sacramento dell'Ordine Sacro diventa partecipe della dignità e delle funzioni pro­prie del Capo del Corpo Mistico, ha quindi, la po­testà di Consacrare l'Eucaristia, di assolvere dai peccati, di essere maestro e guida delle anime, di essere pastore come Gesù pastore, sempre in unio­ne col Papa e coi Vescovi.
Nel battezzato vi è presente Gesù in quanto è divenuto come lui figlio di Dio; nel consacrato con il Sacramento dell'Ordine Sacro vi è presente Gesù come Sommo ed Eterno Sacerdote.
Come si esercita il sacerdozio comune dei fedeli. 1 fedeli esercitano il loro sacerdozio comune: l) procurando da soli e in comunione con la Chiesa la Gloria di Dio e la salvezza delle anime; 2) testimoniando in privato e in pubblico la lo­ro convinta e gioiosa adesione a Cristo e alla Chie­sa, vivendo una vita conforme al Vangelo;
3) trasformando, per opera dello Spirito Santo, se stessi e tutta la vita di famiglia, di lavoro, di studio, di relazioni, in un sacrificio perenne gradito a Dio.
Unita al sacrificio della Messa tutta la vita del laico diventa una «Messa».
Molestie, dolori, delusioni, tristezze, malattie e tutto ciò che il Signore chiama col nome di Croce accettata con amore e per amore costituisce il sa­crificio sacerdotale dei fedeli, la Messa dei fedeli.
Essi devono diventare «Ostia con Gesù Ostia». Anche il Sacerdote deve - per il Battesimo ri­cevuto - nella sua vita esercitare questo aspetto del sacerdozio comune dei fedeli.
Se si vivono questi valori allora Sacerdoti e laici consacrano il mondo a Dio.
La Madonna ha esercitato in pienezza e per­fezione il Sacerdozio Comune dei Fedeli in perfetta comunione con la volontà del Padre con il dono totale di se stessa a Dio.
Maria ha procurato e procura in modo eccelso la gloria di Dio e la salvezza delle anime di cui è Madre.
Maria si è immolata totalmente, senza riserve, col Figlio Crocifisso.
Il suo dono sacerdotale sta nelle parole dette dall'Angelo: «Eccomi! Sono la serva del Signore, si faccia di me secondo la tua parola».
Diciamo anche noi a Dio: Eccomi!



I requisiti e le qualità del Sacerdote
Nella lettera agli Ebrei, cap. 7 vers. 26, si elen­cano le qualità che si richiedono per essere Sommo Sacerdote: «Tale era, infatti, il sommo Sacerdote che ci occorreva: Santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli». Tale è in modo perfettissimo Gesù.
Chi ha ricevuto l'Ordine Sacro ha il dovere di avvicinarsi sempre più a questo ideale.
Ma anche i fedeli, partecipi del sacerdozio comune, devono guardare al Modello per essere quanto più è possibile simili a Gesù.
In tal modo essi diventano in qualche modo conformi a Cristo e come Lui sono nello stesso tempo Altare, Vittima e Sacerdote.
È lo Spirito Santo che compie quest'opera di trasformazione interiore così come la Chiesa ci fa pregare nella preghiera eucaristica III: «Dona la pienezza dello Spirito Santo... Egli faccia di noi un sacrificio perenne a Te gradito!».

IL SACERDOTE L'UOMO DELL'ESPERIENZA DI DIO

II Sacerdote non è un rappresentante di com­mercio che deve piazzare una merce; non è un ideologo che deve illustrare una certa dottrina; egli è l'uomo che ha conosciuto, sperimentato e amato Colui che è la Bellezza, la Bontà, la Beatitudine, l'Amore alla Sorgente e ne è così innamorato e posseduto che non può fare a meno di esclamare: «Venite a provare quanto è buono il Signore!» o, con san Giovanni Evangelista, «Ciò che abbiamo veduto con i nostri occhi ciò che abbiamo toccato con le nostre mani... noi lo annunziamo a voi.. per­ché la vostra gioia sia piena!».
Agli uomini impazziti per la ricerca affannosa della ricchezza o drogati per l'esperienza devastan­te della voluttà sensuale, agli uomini delusi e ama­reggiati per mille esperienze sempre negative, il Sacerdote deve poter dire, mentre il cuore gli canta gioia: «Ho trovato! Sono contento! Sono arrivato! Sono al sicuro! Sono beato perché sono posseduto da Gesù e io stesso lo posseggo!».
Il Sacerdote che parla di Dio senza l'espe­rienza di Dio è come uno che dipinge il fuoco sulla parete: tutto è freddo, lui, il pennello, i colori e la parete.
Adolfo Omodeo, rettore dell'Università di Na­poli negli anni 40, era ordinario di storia del Cri­stianesimo: ma egli era un miscredente senza fede e senza amore. Egli parlava di Gesù come io, cat­tolico, praticante, posso parlare di Budda o di Maometto.
L'esperienza di Dio non tollera mescolanza con altre esperienze
Che cosa vuol dire?
Vuol dire che se Dio è la mia ricchezza, io de­vo volentieri essere distaccato dalle ricchezze; vuole dire che se Dio è la mia somma beatitudine, io devo rinnegare e mortificare ogni esperienza sensuale e ogni amore in contrasto con l'amore di Dio.
Ahimè! Pochi hanno il coraggio di rinunziare a tutto per possedere l'unico che è tutto! Rinunciare a tutto!
Ma che cos'è questo tutto? È ombra e vapore che svanisce. È un miraggio come quello del deser­to. Ti sei illuso di aver trovato un'oasi e affretti il cammino pregustando col desiderio i beni dell'oasi, ma era solo una illusione ottica.
Così sono tutte le cose create a confronto con Dio.
Ti sei affannato, hai desiderato, hai fatto la corsa... sei arrivato... ed eccoti deluso per l'ennesima volta.
I beni di questo mondo ti hanno fatto toccare con mano che chi li raggiunge è come la bestia dantesca che «dopo il pasto ha più fame di prima».
L'uomo, sollecitato dalle passioni, special­mente dalla concupiscenza, fa l'esperienza falli­mentare del peccato. Tuttavia ritorna a tentare.
Nuove esperienze, nuove delusioni. Ma è così debole che si abbandona al fatalismo disperando di poter sperimentare la vera gioia e la vera pace.
Beato lui se incontra un Sacerdote che parla di Dio come un innamorato, un Sacerdote che parla di povertà, di umiltà, di rinuncia, di castità ... ma è fe­lice di essere povero, umile, mortificato e casto per libera e gioiosa elezione ed è orientato totalmente verso i beni invisibili ed eterni nei quali crede.
La presenza di un tale Sacerdote pone dei seri interrogativi, perché egli emana un fascino e fa aprire gli occhi ai ciechi e fa scoprire la realtà e la bellezza dei beni eterni, i beni della fede.
Bisogna prendere sul serio l'affermazione di Gesù: «Chi non rinuncia a tutto non può essere mio discepolo».
Rinunziare!
È il prezzo da pagare per ottenere il bene vero, perfetto, totale ed eterno. Ma qual è il risultato di questa rinunzia? Lo dice Gesù: «Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena».
Attenti a una tentazione!
Se il Sacerdote non vive quotidianamente l'esperienza di Dio cercherà di colmare il vuoto con le «attività», le «iniziative».
Sarà un ottimo «organizzatore», esperto in di­versi rami: sociologia, filosofia, sport, teologia, medicina pastorale, tempo libero... tutte cose che possono fare anche gli altri e forse lo farebbero meglio!
Fallimento, se il Sacerdote non è posseduto da Dio e se non possiede Dio.
Caro Sacerdote, i fedeli vengono da te per tro­vare Dio in te! Non per altro.
Affidati alla Madonna. Anche la Madonna possedeva Dio ed era posseduta da Dio.
- la sua ricchezza? Dio
- la sua Beatitudine? Dio
- il suo amore? Dio
Solo così la Madonna ha dato e continua a da­re a tutti quanto possiede: Gesù.
Che cosa hanno cercato e trovato in Lei i pa­stori, i Magi, il profeta Simeone e, prima ancora di nascere, Giovanni Battista? Hanno cercato e trova­to Gesù.
Che tutti cerchino te, Sacerdote, per trovare in te Gesù.