mercoledì 10 dicembre 2008

Il Sacerdote e l' ubbidienza

Il dono della vocazione al Sacerdozio è un atto di ubbidienza di Gesù al Padre. Egli afferma: «Io faccio sempre quello che piace al Padre».
Narra il Vangelo che Gesù salì sul monte tutto solo trascorrendo la notte in preghiera. In questo colloquio col Padre egli ne udì la voce che indicava chi erano gli eletti... e non solo quelli di allora, ma anche quelli di tutti i secoli. In quella notte è stato pronunziato anche il tuo nome, o Sacerdote! Per quel nome trasmesso durante la intimità col Padre, per opera dello Spirito Santo, hai sentito quella vo­ce misteriosa che ti dice «Vieni e seguimi». E tu, mosso interiormente dallo stesso Spirito, con inti­ma gioia e totale abbandono, hai risposto: «Eccomi! Vengo!». Ed eccoti Sacerdote! Gesù, dunque ha ubbidito al Padre chiamandoti, e tu hai ubbidito a Gesù rispondendo di sì.
La vocazione è sempre un miracolo
come lo è la perseveranza, specialmente nel mondo in cui viviamo nel quale risuonano insistenti, suadenti, altre «vocazioni», altri «appelli» ad una vita di pia­ceri e di godimenti.
La vocazione è anche un mistero: mistero di stoltezza per il mondo che considera pazzi quelli che si consacrano a Dio; sempre mistero anche per i buoni che non riescono a spiegarsi il perché di tale scelta.
Gesù, però, non obbedisce solo al Padre. Egli è obbediente anche a Giuseppe e a Maria. L'Evangelista riassume in tre parole trenta anni di vita di Gesù a Nazareth: «Era loro sottomesso» «Erat subditus illis».
Gesù ubbidisce anche a te, Sacerdote. Egli non si rifiuta mai di farsi presente all'altare quan­do tu pronunzi le parole della Consacrazione. Non si rifiuta neanche se il suo Ministro fosse indegno e sacrilego.
Era tale lo spirito di ubbidienza del Signore che ha riconosciuto il potere derivante da Dio an­che in Pilato, che pure si è macchiato del delitto della condanna a morte. «Tu non avresti nessuna autorità su di me, se non ti venisse dall'Alto» disse Gesù a Pilato.

L'ubbidienza: via di salvezza
L'ubbidienza è l'unica via regale che ha per­corso Gesù, Sacerdote sommo ed eterno, perché
questa è la volontà del Padre. «Umiliò se stesso fa­cendosi obbediente fino alla morte, e alla morte di Croce», dice la Bibbia di Gesù.
II Signore ha associato a sé nel mistero di sal­vezza la Madonna che si proclama «schiava» e perciò Colei che obbedisce sempre e solo.
E tu, Sacerdote, quale ruolo hai nel mistero della salvezza?
II Sacerdote è per definizione colui che; pro­lunga la presenza e l'opera di Gesù. Perciò, come Gesù Sacerdote deve avere sempre l'atteggiamento del «servus oboediens», di Gesù, che fin dal mo­mento della Incarnazione dice al Padre: «Eccomi, o Dio pronto a fare la tua volontà». Gesù ha sotto­messo sempre e perfettamente la sua intelligenza e volontà umana al Padre.
La sua intelligenza. Sentiamone le parole tra­smesse dal Vangelo.
«La mia dottrina non è mia ma del Padre che mi ha mandato». «Tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi». «Io non ho parlato da me, ma il Padre che mi ha mandato mi ha ordinato che cosa devo dire» (Gv 12,49-50). «Le cose che io dico le dico come il Padre ha detto a me» (ibidem).
La sua volontà. Gesù ha sottomesso la sua volontà umana con amore alla volontà del Padre. Eccone alcune espressioni.
«Io faccio sempre quello che piace al Padre». «Non la mia, ma la tua volontà sia fatta». « Io agi­sco così perché voi sappiate che io amo il Padre».
II Sacerdote - estensione del Sacerdozio di Cristo - deve sottoporre la propria intelligenza, in materia di fede alla Chiesa (ricordare: «Chi ascolta voi ascolta me... La mia Chiesa... conferma i tuoi fratelli... » Grande dono di Dio il Magistero della Chiesa! Ci garantisce da ogni deviazione dottrinale.
È un controsenso e segno di poca compren­sione della dimensione sacrificale del Sacerdozio, uscire in queste espressioni quando parla il Magi­stero: Io non sono d'accordo! Io non la penso così! E tu chi sei? Tu invece devi dire al popolo: «La mia dottrina non è mia ma della Chiesa che mi ha mandato». Imita san Paolo (Gal 1) il quale ave­va ricevuto direttamente dal Signore la divina rive­lazione; eppure va due volte a Gerusalemme per confrontare la sua dottrina col Magistero della Chiesa e afferma di agire così per «1Von correre il rischio di correre o aver corso invano!».
II Sacerdote deve sottoporre la propria volon­tà alla Chiesa e per essa a Dio, accettando per
amore il ruolo che gli viene affidato, pronto a ri­nunciare ai piani pastorali personali per realizzare quelli che vengono proposti dai legittimi pastori; ciò anche nei comportamenti, nelle azioni liturgi­che ecc., rinunziando ai propri gusti per seguire le indicazioni della Chiesa.
Anche Gesù, che conosceva bene il progetto del Padre «Croce e Martirio», ha avuto delle pro­poste e delle offerte allettanti. II nemico osò tentar­lo a realizzare la salvezza non secondo il piano di­vino, ma secondo quello umano.
Gesù ha accettato la volontà del Padre sotto­ponendosi all'apparente fallimento di tutta la vita ed opera nel naufragio del Calvario. Chicco di grano maciullato!
II Sacerdote è ubbidiente alla volontà del Pa­dre quando ce la mette tutta per salvare le anime e raccoglie triboli e spine al posto dei frutti; quando egli è disposto ad accettare anche l'agonia del Getsemani vedendo gli amici che, invece di dargli una mano, lo abbandonano.
Allora Egli è davvero conforme a Cristo ago­nizzante e si... santifica, e salva le anime.
Ma è gratificante obbedire?
Non è umiliante per la propria personalità?
È forse umiliante per l'occhio umano essere potenziato dal telescopio e vedere quello che al­trimenti non si vedrebbe? È forse umiliante per il braccio umano sollevare con la gru quello che al­trimenti non sarebbe possibile sollevare con la sola forza del braccio? Così è quando sottometto con la ubbidienza la mia ragione al credo accettando il Magistero anche Ordinario.

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