domenica 6 luglio 2008

Il Confessionale

Il mistero pasquale si realizza con la vittoria sulla morte dell'anima che è il peccato e, alla fine dei tempi, con la risurrezione gloriosa dei corpi degli eletti.
Il Padre ha mandato il Figlio per questo, e il Figlio, a sua volta, ha trasmesso la stessa missione ai Sacerdoti.
La sera di Pasqua, compiuto il mistero della salvezza, Gesù trasmette questa missione ai Sacer­doti con le solenni parole: «Come il Padre ha mandato Me, anch'Io mando Voi... Ricevete lo Spirito Santo... A chi perdonerete i peccati saranno perdonati... ».
Gesù, presente in me Sacerdote, è il Pastore che va in cerca della pecorella smarrita. II Confessionale è il luogo privilegiato dove si decide la sorte delle anime e perciò deve essere un punto abituale di, riferimento per il Sacerdote e per i fedeli. Risuscitare i morti del peccato, animare, inco­raggiare, guidare, consolare, santificare le anime, sentendo - come afferma san Paolo - le doglie del parto finché Cristo non è formato nelle anime ... è il lavoro che Gesù compie per mezzo mio. Se mi assento, se ho «altro da fare», io impedi­sco a Gesù di compiere la sua opera. Io sono il ca­nale ordinario della Grazia e della salvezza: se il canale è ostruito, non rifluisce la vita nelle anime. Come vi sono tanti Tabernacoli desolati, per la mancanza di preghiera, così vi sono tanti confes­sionali desolati, perché nessuno li occupa più.
I santi Sacerdoti di un tempo ci hanno tra­smesso, anche con studio della teologia morale e ascetica, che il confessore è Gesù Maestro, Gesù Giudice, Gesù Medico, Gesù Padre.
Tutto ciò lo compie Gesù per mezzo mio. Quale responsabilità grava sulle mie spalle quando «non ho tempo» per dedicarmi a questo ministero, quando subordino l'amministrazione di questo Sacramento alle «esigenze», e sottopongo i fedeli alla osservanza burocratica e ferrea del gior­no e dell'ora in cui si è disponibili per la confessio­ne! Ore e giorno spesso striminziti con la conse­guenza che molti si sono disabituati a confessarsi e si giustificano affermando che «il mio Sacerdote non ha tempo!».
Ecco una tabella affissa alla bacheca di una chiesa. «In questa chiesa si confessa il giorno X dalle ore X - Y». La Grazia dello Spirito Santo non si può adat­tare alla nostra burocrazia!
Ho visto pescatori sostare con lunga pazienza ore e ore con la lenza immersa nell'acqua in attesa di prendere all'amo qualche pesce. Che i fedeli mi vedano «pescatore di anime», sempre «appostato» per catturare, con l'amo dell'amore, la preda, per vivificarla nelle onde della Grazia del Sacramento del perdono. È vero che Dio può operare in tanti modi, ma è anche vero che ordinariamente Egli opera per mezzo mio.
Pensa alla Madonna, chiamata Rifugio dei peccatori. Quanto Ella desidera e si angustia per il ritor­no all'ovile delle pecorelle smarrite! Ansia e angustia che la Madonna trasmise a Bernadetta, ai tre pastorelli di Fatima, per associarli a sé nella preghiera e nella offerta di penitenze per la conversione dei peccatori.
A Lourdes Bernadetta racconta che vide la Madonna molto triste per questo motivo e ne pian­se. Ora la Madonna manda a te, Sacerdote, suo figlio prediletto, i figli smarriti, feriti, uccisi dal peccato. Li affida al tuo cuore di padre e di pastore. Lavora, sacrificati, rinunzia e così riporterai alla Mamma i figli che sembravano destinati a si­cura perdizione.
Quando arriverai in Paradiso, ti auguro di tro­vare gli angeli e i Santi in festa perché per merito tuo non un peccatore, ma tanti peccatori si sono convertiti e si sono fatte tante feste in cielo.

Il tabernacolo

È Gesù che ha posto la sua dimora in mezzo agli uomini.
II Tabernacolo è una tenda, una dimora, di­mora precaria perché è segno e preludio dei Ta­bernacoli eterni.
È Gesù che con amore e per amore ha voluto che si costruisse la sua piccola casa in mezzo alle nostre case. Vi dimora Lui, il mio Sposo, il Dio del mio cuore, il mio Tesoro, la mia eredità, Lui ap­passionato d'amore per me.
Nell'Antico Testamento il salmista esprimeva i suoi desideri e i suoi sospiri anelando verso il ta­bernacolo del Signore...
Eppure in quel tabernacolo non vi era la pre­senza reale, ma solo un'ombra, una nube...
Qui c'è Lui per me, con me, diventato davvero l'Emanuele, Dio con noi, Gesù con me.
Perciò il Tabernacolo deve essere il luogo privilegiato del mio incontro permanente con Lui. Vi sono delle persone che, se vuoi trovarle, sai dove andare: al circolo, al bar, alla discoteca. Dove devono trovarti i fedeli, o Sacerdote? Dov'è il tuo tesoro ivi è il tuo cuore!
Ecco il Tabernacolo! Più che la lampada, la tua presenza assidua e amorosa deve indicare ai fe­deli la presenza di Gesù.
Io devo essere il segno della presenza di Lui. All'Emanuele - Dio con noi - deve corrispon­dere il Sacerdote con Dio.
L'Emanuele ha risposto al mio appello, ed ec­colo con me, per me nel Tabernacolo.
Per me in un duplice senso:
1) Perché io ho reso possibile la sua presenza. 2) Per me, perché mi ama e ama le anime. Senza di me non gli sarebbe stato possibile es­sere presente, senza di me il suo Cuore si rattrista come si rattristò per la assenza dei suoi primi Sa­cerdoti nell'agonia del Getsemani.
Prova a ripetere, in un a cuore a cuore, a Gesù vivente e presente nel Tabernacolo: «Gesù, lo sai che ti amo tanto?». Lui godrà ed esulterà e il suo Cuore sarà consolato.
E sono tanto pochi quelli che lo amano davve­ro.
II Tabernacolo è detto anche «tenda del con­vegno». Lì si davano appuntamento Dio e Mosè per mezzo del quale Dio entrava in comunione col popolo. Mosè era il mediatore. Lì si decidevano i destini del popolo.
Ora il Sacerdote è il nuovo mediatore, con Cristo, della nuova alleanza.
Io Sacerdote lì devo trattare gli interessi e la causa delle pecorelle di Gesù: i poveri, i derelitti, i piccoli, i malati, i giovani, le famiglie...
Io spesso sono invitato, spesso organizzo «convegni» buoni, utili...
Aumentino pure i «convegni» con Gesù Eu­caristico, presso il Tabernacolo: ne trarranno bene­ficio anche gli altri convegni, anzi, senza questo «convegno», gli altri non servono a nulla!
Col suo esempio, con la sua fede entusiasta ed entusiasmante il Sacerdote vedrà presto il Taberna­colo circondato da numerose «lampade viventi», da cuori ardenti di amore.
Per l'efficacia dell'apostolato il Sacerdote de­ve ricordare che la sorgente della vita e dell'energia soprannaturale e dell'acqua che zampilla per la vita eterna è Gesù presente nel Tabernacolo.
Tu, Sacerdote, sei «l'accumulatore» e il «canale» dell'energia spirituale che parte dal Ta­bernacolo.
L'accumulatore si scarica se non è sottocorren­te e il canale non convoglia l'acqua se non è colle­gato alla sorgente.
Così tu fa' ogni giorno «il pieno» a questa «stazione di servizio»!
Occorre creare un'inversione di tendenza. Quale? Ascolta bene.
Vi è un altro «tabernacolo» ben presente e cu­rato dentro le nostre case (ancora piccole chiese domestiche?) dove si fa presente ed abita, il più delle volte, il demonio: è la televisione!
Per ore ed ore, da tutti i canali - vere cloache - viene convogliato un diluvio di fango, viene iniet­tato il veleno che brucia ogni seme di bene, di­struggendo l'innocenza dei nostri bambini.
Sesso, sesso, sesso come condimento di quasi tutti i programmi e violenza, materialismo, edoni­smo... e anti-vangelo a tutto spiano, anche nei pro­grammi che sembrerebbero innocui.
Non è questo uno dei motivi che giustifica e rende urgente la nuova evangelizzazione di cui ha parlato il Papa?
II mondo è ritornato pagano e bisogna rifarlo cristiano con la travolgente forza dello Spirito Santo.
Ma questo si potrà ottenere se il centro dei nostri interessi e del nostro cuore, per Sacerdoti e fedeli, diventerà il Tabernacolo, e non la televisio­ne.
Infine, non dimentichiamo che presso ogni Tabernacolo, accanto a Gesù, c'è sempre Maria.

Le tre dimore del Sacerdote: l'altare, il tabernacolo, il confessionale

«Maestro, dove abiti?» chiesero Giovanni e Andrea a Gesù.
«Venite e vedete!» rispose il Signore. «Dov'è la tua dimora, o Sacerdote»? La dimora del Sacerdote è Triplice: L'Altare, il Tabernacolo, il Confessionale. L'Altare
È il luogo d'incontro tra l'amato e l'amante.
Il Sacerdote lo chiama: Lui risponde e viene, per opera dello Spirito Santo.
C'è il mondo da salvare, anime da strappare alla eterna rovina, anime da guidare nella via della santità.
Lui viene per questo e per mezzo di me Sacer­dote diventa Maestro, Agnello immolato, alimento di vita eterna, compagno nel cammino verso la ter­ra promessa.
È all'altare che Gesù - presente nel Sacerdote - si fa Maestro e Guida del suo popolo.
Mi si stringono intorno i discepoli del Signore ed io parlo... Quella parola è avvalorata e fecondata dalla potenza dello Spirito Santo e deve trovare ri­scontro e conferma nella mia vita.
«Siate mie testimoni!... Ammaestrate tutte le genti!...» mi ripete Gesù. E Lui parla in me Sacer­dote.
Anche per me si deve verificare quanto dice il Vangelo di Gesù: «Cominciò a praticare e a predi­care».
È all'altare che Cristo presente in me sta «sempre vivo ad intercedere per il gregge presso il Padre».
II nostro avvocato difensore!
Io Sacerdote devo essere il maestro della pre­ghiera soprattutto all'altare.
Dico: «Preghiamo!». Tutta la Chiesa, Sacerdo­te e fedeli uniti a Cristo eleviamo la preghiera della Chiesa, espressa in tutte le lingue, ma è la stessa nel suo contenuto e nella sua efficacia che deriva da Cristo che ci unisce a sé orante.
È all'altare che Gesù - per mezzo di me Sacer­dote - diventa l'Agnello immolato.
Io lo mostro al popolo e proclamo: «Ecco l'Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo!». Toglie i peccati perché se ne fa carico Lui. Toglie peccati perché con la Passione li distrugge.
Io sono un agnello del suo gregge e devo ren­dere presente in me il suo sacrificio che diventa il mio sacrificio.
lo l'ho chiamato... e Lui è venuto per essere immolato... Lui mi chiama ed io devo, come Isac­co, stendere le mani per essere immolato e mesco­lare il mio sangue al suo Sangue Redentore.
È all'altare che Gesù per mezzo mio dice: «Prendetemi! Mangiatemi!».
Anch'io devo dire ai fedeli: «Prendetemi mangiatemi sono pronto in Gesù, con Gesù e per Gesù a consumarmi per voi!».
È all'altare che, come l'Apostolo Giovanni sul Calvario, io trovo la Madre Addolorata accanto al Crocifisso ed è lì che Gesù ripete a Maria per me e a me per Maria: Ecco tuo figlio! Ecco tua Madre!
È all'altare che il cielo si unisce alla terra e la terra al cielo, ed io Sacerdote devo essere il segno, la tabella viaria che indica l'unica via che porta alla salvezza.
È all'altare che i fedeli scoprono la vera identi­tà e - se c'è - la santità del Sacerdote.
Nel linguaggio popolare, quando uno è ordina­to Sacerdote, si usa dire: «Ha preso Messa!». Questa frase vuole esprimere il concetto che la Messa è il tesoro del Sacerdote, il suo motivo di essere, il centro della sua vita.
La Messa è il culmine del potere sacerdotale, dove il Sacerdote manifesta una potestà infallibile. Al suono delle sue parole, nella Consacrazio­ne, Gesù si fa obbediente «fino alla morte e alla morte di Croce».
Gesù ha ubbidito al suo Sacerdote che, se è veramente compenetrato e cosciente del mistero cosmico che per suo mezzo si compie, dovrà, ne­cessariamente, avere un atteggiamento interno ed esterno di una santità, gravità, compostezza e so­lennità unica.
La Messa non è una devozione privata da svolgersi secondo il proprio estro.
La Chiesa, consapevole della santità dell'azione sacra, ha messo degli argini invalicabili alla cosid­detta «creatività». Non si può manomettere la strut­tura della Messa aggiungendo o mutando o creando riti e preghiere e gesti conformi al gusto privato. Non la si può arrabattare e sbrigarsela come qualcosa di accidentale e secondario alla propria vita e attività. È questione di fede!
È raro, ma avviene che qualche Messa è but­tata giù in 10 minuti.
È il treno ultrarapido!
Il celebrante arriva in fretta, celebra in fretta, scappa via in fretta perché Ahime! - ha altre cose importanti da fare!?!
Egli non si rende conto che quella «funzione sacra» diventa, in questo modo, «una sacra finzio­ne».

Il Sacerdote, l'uomo della preghira

«Maria, sua Madre, serbava tutte queste cose meditandole nel suo Cuore» (Le 2,51). Queste parole indicano che il cuore e la mente di Maria erano sempre, abitualmente ed attual­mente, immersi nella contemplazione dei misteri divini della salvezza.
La preghiera di Maria anticipava la linea in­segnata da Gesù: «Disse loro una parabola sulla necessità di pregare sempre senza stancarsi» (Lc 18,1).


E Gesù faceva sempre così, ma è anche quello che Gesù vuol continuare a fare per mezzo del Sa­cerdote, nel quale è presente. Perciò il Sacerdote è, per definizione, Uomo delSacro e Uomo della Preghiera.
I primi Sacerdoti, gli Apostoli, quando si re­sero conto che le troppe attività, pur buone e sante, li assorbivano a tal punto da impedire che «parlassero con Dio e parlassero di Dio» decisero di istituire i diaconi, motivando la loro scelta con questa affermazione: «Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al ministero della Parola di Dio» (At 6,4).
Il Sacerdote è l'uomo che parla con Dio, ascolta Dio che gli parla e, così caricato, parla di Dio.
È l'intuizione di san Domenico che dà ai suoi frati, come programma «contemplata aliis trade­re», cioè trasmettere agli altri le cose contemplate. Questo è possibile quando si ama.
Un esempio in senso opposto ce lo danno certi giovani. Essi sono stati per ore e ore nella discote­ca, sacrificando volentieri anche il sonno. È il loro mondo. Quando escono dalla discoteca si sentono co­me pesci fuori dell'acqua. Che cosa fanno? Eccoli con la cuffietta appiccicata all'orecchio e, camminando, lavorando, guidando la moto o l'auto, continuano a vivere nella dimensione della discoteca. E il loro mondo guasto, vuoto, illusorio, in­consistente e rovinoso. Ecco quanto fa l'amore di­storto e peccaminoso. Qual è il mondo del Sacerdote? Mondo nel quale deve introdurre anche i fedeli perché vi ri­mangano? Il Sacerdote è l'uomo che parla con Dio, ascolta Dio che gli parla e, così caricato, parla di Dio. È l'intuizione di san Domenico che dà ai suoi frati, come programma «contemplata aliis trade­re», cioè trasmettere agli altri le cose contemplate. Questo è possibile quando si ama. Un esempio in senso opposto ce lo danno certi giovani. Essi sono stati per ore e ore nella discote­ca, sacrificando volentieri anche il sonno. È il loro mondo.
Quando escono dalla discoteca si sentono co­me pesci fuori dell'acqua. Che cosa fanno? Eccoli con la cuffietta appiccicata all'orecchio e, camminando, lavorando, guidando la moto o l'auto, continuano a vivere nella dimensione della discoteca. È il loro mondo guasto, vuoto, illusorio, in­consistente e rovinoso. Ecco quanto fa l'amore di­storto e peccaminoso. Qual è il mondo del Sacerdote? Mondo nel quale deve introdurre anche i fedeli perché vi ri­mangano? «Conversatio nostra in caelis est», cioè la no­stra patria è nei cieli, come ammonisce san Paolo parlando ai fedeli.
È il mondo reale, vero, eterno del soprannatu­rale, anche se invisibile.
«Le cose visibili sono di un momento. Le cose invisibili sono eterne», afferma lo stesso san Paolo. Questo è il mondo che realizza, completa, per­feziona e beatifica già sulla terra il cristiano, ma particolarmente il Sacerdote, anche in quanto uo­mo. Perché l'uomo è fatto sulla misura di Dio e fuori di Dio è sempre e inevitabilmente inquieto, instabile, insoddisfatto. Per questo l'uomo va alla ricerca di qualche cosa che possa sostituire Dio... collezionando de­lusioni e amarezze e, per non pensarci, cerca di stordirsi. È satana che si affanna senza riposo a convin­cere l'uomo perché cerchi fuori di Dio o contro Dio quello che solo Dio può dare... Ultimo ritrovato del maligno per offrire all'uomo il «suo paradiso»: la droga. La Chiesa sa che solo il contatto amoroso e assiduo con Dio può premunirci dall'incantesimo prepotente ciel maligno. Perciò chiede ai Sacerdoti di impegnarsi, sotto pena di colpa grave, a pregare il Breviario. II Sacerdote diventa voce orante della Chiesa, voce di Gesù presente in lui. II Sacerdote che non prega il Breviario priva la Chiesa di innumerevoli grazie. Capita, non so in quale frequenza, che qualche Sacerdote in vacanza, faccia andare «in vacanza» anche il Breviario. Se ne va in India, in Olanda, in Danimarca o che so io... può mai far spazio al Breviario? È un'esagerazione! Che cosa succede? Che talvolta «va pure in vacanza» il sacerdo­ zio. Perdonatemi, ma è un'esperienza amara, di cui sono testimone. II Breviario è davvero un bagaglio ingombran­te. Senza di esso si è più leggeri... anche sul piano morale. Ma il Breviario è davvero breve, per poter realizzare l'esortazione di Gesù: «Bisogna pregare sempre senza stancarsi!». Come farà il Sacerdote a vivere, come san Be­nedetto «ad superna semper intentus, qui nu­mquam ab oratione cessabat», cioè era sempre immerso nella dimensione del cielo e mai usciva fuori dall'atmosfera della preghiera?
C'è un mezzo semplice, popolare, alla portata di tutti, dotti e indotti, piccoli e grandi, anime con­sacrate e semplici fedeli di ogni età e condizione. È la Corona del Rosario. Questa preghiera non può venire che da Maria. La Mamma è la prima Maestra della preghiera. Non usa formule dotte e complicate, ma parole adatte ai piccolini e agli anziani. È il linguaggio dell'amore. La vediamo la Santa Corona del Rosario nelle mani della Madonna, sempre, a Lourdes come a Fatima. La Santa Vergine ama unirsi alla nostra pre­ghiera e desidera vivamente che anche noi ci unia­mo alla sua preghiera. Pensate a Bernardetta e ai fanciulli di Fatima: pregano il rosario con Maria e Maria prega con lo­ro. Con noi Maria glorifica la SS. Trinità. Con noi Maria prega il Padre col Padre Nostro. E quando la salutiamo con 1'Ave, che cosa fa Maria? Quello che ha fatto con l'Angelo Gabriele e quello che ha fatto con Elisabetta quando la salutavano: Maria si raccoglie nel suo nulla di creatura per elevare a Dio la lode e la benedizione. Dio guarda ancora una volta l'umiltà di Maria e ancora una volta la ricolma di doni e di grazie che Lei distribuisce ai suoi figli. Sacerdote di Dio, stringi sempre tra le mani il Rosario. Ho visto a Lourdes una malata sulla carrozzel­la. Accanto a lei vi era una bombola di ossigeno collegata con i tubicini alle sue narici. Guai a stac­care quei tubicini! È questione di vita o di morte per asfissia. II Rosario è la «bombola di ossigeno» che tu porti sempre con te. Ti fa contemplare con la mente e amare col cuore tutti i misteri della nostra salvezza. Se consumi così la tua corona non correrai il rischio di essere tentato dal maligno a contemplare «altre bellezze» e a gustare «altri sapori».
Santa Bernardetta affermava: “io non sapevo altro che la corona».L'umanità inconsciamente ha bisogno estremo di Sacerdoti. «I bambini invocano il pane e non vi è chi lo spezzi per sfamarli! La messe è molta, ma gli operai sono pochi!». Perciò l'umanità, o Sacerdote, stende le mani verso di te!Che cosa potrai dare a questa umanità, al di fuori di Dio?Se diventi uomo di orazione presto sentirai il tuo cuore straripare d'amore per Dio e per il pros­simo.
Anche se non hai doti organizzative, se sei po­vero di scienza umana, se gli acciacchi ti bloccano in tante attività... ti basta essere ricco di Dio perché uomo di Preghiera e arricchirai anche gli altri.
Dirai con san Pietro al paralitico del tempio: «Non ho né oro, né argento. Ti do quello che ho! Ti dono Gesù!».Attingerai dal tuo cuore stracolmo di Dio e sa­rai luce e salvezza del mondo.
Vuoi sapere dove arriva la tua preghiera? Sei Sacerdote!Sei mediatore!Non puoi dubitare che la tua preghiera sia la preghiera di Gesù in te.
Perciò essa arriva infallibilmente al Cuore del Padre, trasformandosi in pioggia benefica di grazie e di benedizioni.Col Rosario puoi pregare dovunque.
Pensa un momento: le nostre strade e le nostre piazze sono inquinate al sommo grado di bestem­mie, di scandali, di offese a Dio e agli uomini.Occorre una bonifica ambientale.
Se tu sul tuo cammino semini tante Ave Ma­ria, quei semi diventeranno frutti di bene. Con la preghiera tu puoi arrivare dove fisicamente non ti è consentito.
Si dice che gli scienziati abbiano inventato un raggio invisibile di morte. Esso parte da molto lontano e non teme ostacoli.Tu con la preghiera emetti non un raggio ma una sorgente di raggi di vita che raggiungono i cuori induriti e sepolti nel peccato e li risuscita.Tu talvolta ti senti impotente - e da solo lo sei - di fronte agli assalti di un nemico che per essere di natura angelica è più forte di te.Ti senti impotente da solo a vincere le tenta­zioni personali e ad impedire la devastazione delle anime.Gesù nella parabola della zizzania afferma: «Questo lo ha fatto il nemico!».Ti sembra che le valanghe delle schiere nemi­che ormai dilaghino nel mondo distruggendo e an­nientando ogni forma di vita non solo sopran­naturale (vedi aborto... pulizia etnica... barbarie).Qui ci vuole un'arma segreta e vincente. C’é l'Ave Maria.Perché?Perché 1'Ave Maria ricorda a satana la sua condanna e la sua sconfitta.Gli ricorda l'Immacolata: Piena di grazia... Gli ricorda che egli ha perduto il dominio delle anime: il Signore è con te. Gli ricorda che è stata abolita l'antica condan­na: sia maledetta la terra. Gli ricorda la nuova Eva che è benedetta e con Lei è benedetto il frutto del suo Seno: Gesù è il suo Corpo Mistico.
«Tu dici Ave Maria... Santa Maria. Se la prece sul labbro non si arresta, egli atterrito se ne scappa via 1'Ave Maria gli stritola la testa».

Maria SS.ma nella Santa Messa col Sacerdote

L'unione familiare - filiale e materna - di Ma­ria col Sacerdote e del Sacerdote con Maria, si nu­tre e si rinsalda con la celebrazione eucaristica.
La presenza di Maria nella celebrazione euca­ristica è un dato di fatto teologico. Ma anche in ogni azione liturgica è presente Maria.
La Santa Messa rende realmente presente, an­che se nel mistero, il Sacrificio del Signore. Si fa memoria della passione, morte e risurrezione di Gesù.
In questo mistero è inserita Maria che è pre­sente come lo era sul Calvario nel dolore, come partecipò e partecipa alla gloria della resurrezione.
La Santa Messa rende presente nel mistero ma realmente Gesù in diversi modi:
1) È Gesù Maestro che ci parla.
2) È Gesù che s'immola anche col suo corpo mistico.
3) È Gesù che si dona come alimento.
4) È Gesù che si fa presente nel mondo attra­verso chi lo riceve.
È Gesù Maestro che ci parla.
Maria, ancella della Parola, sostiene il Sacer­dote perché accolga la parola come Lei l'accolse per incarnarla in sé e donarla ai fedeli.
II Vangelo ci dice che Maria era attenta alla Parola del Figlio e la custodiva nel cuore. Sant'Agostino riflette che Maria, prima di concepire Gesù nel seno, lo aveva già concepito e incarnato nella vita.
1 fedeli devono vedere la Parola vissuta e in­carnata nel Sacerdote in modo da poter testimonia­re come san Pietro a Gesù: «Tu hai parole di vita eterna».
La voce del Sacerdote dev'essere come quella di Maria: risonanza di Cielo, chiave che apre la porta dei cuori alla venuta dello Spirito Santo, can­tico di gioia.
È quello che troviamo nel mistero della visita a sant'Elisabetta. Appena risuonò la voce del saluto di Maria, Elisabetta fu ripiena di Spirito Santo, Giovanni non ancora nato esulta di gioia e la mente si apre alla comprensione dei divini misteri: la santità di Maria, la Missione del Figlio, chiamato «mio Salvatore», in aramaico Gesù.
L'efficacia della parole di Maria!
L'efficacia della parola del Sacerdote! Spe­cialmente nello svolgimento dei sacri misteri sa­cramentali!
II Signore sia con voi!... La pace sia con voi!... Vi benedica Dio!...
La parole del Sacerdote, parola di Gesù, è sempre efficace e produce ciò che significa.
Non esca mai dalla bocca del Sacerdote nes­suna parola meno che edificante, come ammonisce san Paolo nella lettera agli Efesini 4,29 e 5,3-4.
Le labbra del Sacerdote sono uno scrigno che custodisce un tesoro: la Divina Sapienza!
II Sacerdote deve prendere coscienza del suo Essere Gesù, della sua divina potestà, delle ric­chezze divine che lo arricchiscono permanente­mente e con Maria e come Maria deve esclamare stupefatto ed entusiasta: ha fatto in me cose grandi colui che è Potente!
Gesù s'immola anche col suo Corpo Mistico. Sul Calvario ai piedi della Croce, crocifissa col Figlio, vi era la Madre.
Nel mistero, ma veramente e realmente, - an­che se i sensi nulla percepiscono - lo stesso sacrifi­cio si fa presente all'altare. A Cristo immolato è unita Maria immolata. Vi sono l'Agnello e 1'Agnella, come afferma un Padre.
La spada del dolore, preannunziata dal profeta Simeone, le penetra l'anima, e la strazia e continua a tormentarla anche dopo che Gesù muore.
L'opera di Maria a questo punto è di unire a sé il Sacerdote celebrante - ma anche i fedeli - perché accetti di vivere fino in fondo l'essere Ostia con Gesù Ostia.
II Sacerdote dice: «Prendete e mangiatene tut­ti. Questo e il mio corpo che e dato per voi!».
Non è forse coinvolto anche il Sacerdote in questa offerta sacrificale?
La natura freme, lo sollecita a sfuggire al dolo­re, a non accettare il calice amaro e a dire, come Gesù: «Padre, passi da me questo calice!». La Ma­donna interviene. Stringe al cuore il suo figlio Sa­cerdote e lo anima e incoraggia a continuare la pre­ghiera di Gesù fatta a metà: «Però non si faccia la mia, ma la tua volontà».
Cosi, con l'aiuto di Maria, il Sacerdote non solo si unisce a Gesù Sacerdote, ma anche a Gesù vittima.
I tre crocifissi della Messa: Gesù, Maria, il Sa­cerdote! Così si realizza la salvezza del mondo.
Gesù si dona come alimento.
Quel cibo è il «frutto del seno di Maria!». Ve­dete il frutto, ma non trascurate l'albero.
La carne e il sangue di Gesù, nostro alimento, sono sgorgati dalla sorgente che è la carne e il san­gue di Maria. Hanno lo stesso sapore.
La Madonna ci aiuta non solo a nutrirci di Ge­sù, ma anche a farne vita della nostra vita perché veniamo assimilati e trasformati in Cristo: cristifi­cati.
È l'ansia di san Paolo - ma molto più di Maria - espressa con le parole: «Sento le doglie del parto finché non sia formato Cristo in voi».
È vero che è lo Spirito Santo che forma Cristo in noi: ma Egli ha scelto di formarlo per mezzo di Maria. Quando lo Spirito Santo ha voluto santifica­re Giovanni nel seno materno, lo ha fatto per mez­zo di Maria. Così Maria rimane per sempre la Collaboratrice dello Spirito Santo nel formare Cri­sto nelle anime.
È nel Cuore Immacolato di Maria che avviene la trasformazione del Sacerdote in perfetta imma­gine di Gesù sul piano spirituale.
Cristo, ricchezza infinita di grazia e di santità, ricevuto bene nella Santa Comunione, ci comunica
ogni bene soprannaturale, ci santifica, ci unifica e alimenta la Comunione ecclesiale.
Gesù si dona al mondo attraverso chi lo rice­ve.
La Comunione fatta bene mi assimila a Gesù, cosicché per mezzo mio, che vivo nel mondo, Ge­sù penetra nel mondo per illuminarlo, purificarlo, elevarlo, salvarlo.
Maria vede che il mondo cammina nella via della perdizione e vuole salvarlo e sa che la salvez­za sta principalmente nelle mani del Sacerdote.
Gli Atti ci presentano il quadretto della Chiesa quando si accingeva all'opera della salvezza del mondo. La Chiesa era tutta riunita «con Maria, la Madre di Gesù».
Ancora oggi la Chiesa sente l'urgenza della nuova Evangelizzazione del mondo. Ancora oggi Maria ci precede e ci accompagna e ci anima per­ché vuole tutti salvi.
A Lourdes Bernardetta, ha visto la Madonna tanto triste che lei ne ha pianto.
Perché?
Lo stesso vale per le apparizioni di Fatima: Maria è triste perché vede i figli andare in perdi­zione. Vede il mondo coalizzato contro i valori sacri del Vangelo, vede il mondo offrire le sue mor­tali lusinghe anche ai sacerdoti, vede satana che cerca di togliere al Sacerdote ogni segno interno ed esterno di sacralità perché diventi in qualche modo un gaudente assimilato al mondo...
Allora Maria interviene. Come Mamma ve­glia, protegge, sostiene, incoraggia e salva il Sacer­dote arricchendolo della potenza dello Spirito Santo attraverso la intima unione con Gesù Euca­ristia.
In tal modo satana viene sbaragliato e ne viene annientata la tracotanza.
Maria con Gesù dice ai figli suoi sacerdoti: «Figli miei, siate uniti in me. Così anche voi con Gesù innalzato in Croce e per virtù di Gesù potete dire: " Io ho vinto il mondo!"».

Il Sacerdote e il figlio prediletto di Maria

Mentre Gesù moriva in Croce volle rivelare alla Mamma il mistero del Sacerdozio: l'Ordine Sacro rende presente Gesù nel Sacerdote.
Gesù dice alla Mamma: «Donna, ecco il tuo Figlio!». Si sono dati a queste parole tanti signifi­cati, tutti belli, veri e santi: ma il più consolante per il Sacerdote è che Gesù voleva dire a Maria: «Mamma, tu non mi perdi, tu mi trovi in Giovanni, tu mi trovi nel Sacerdote».
Maria, da quel momento, compie un ufficio eminentemente materno verso il Sacerdote che giustamente Ella chiama e considera il Mio Gesù.
Che cosa vede Maria nel Sacerdote:
1) Vede in qualche modo se stessa nella sua missione e nella sua santità.
2) Vede anche il suo Gesù che continua la missione di salvezza nel tempo e nello spazio. Anzitutto Maria vede se stessa nella sua santità.
Maria è tutta santa, immacolata, piena di gra­zia.
Che cosa deve essere il Sacerdote se non san­to, immacolato, tanto ricco di grazia da donarla agli altri?
San Paolo dice dei cristiani che Dio ci ha pre­destinati prima della creazione del mondo ad essere «santi e immacolati».
Tale è Maria in modo eminente.
Tale deve essere in modo particolare il Sacer­dote da modello del gregge.
Maria forma Gesù in sé, lo genera e dona agli altri.
Anche il Sacerdote deve formare Gesù in sé e formarlo negli altri.
Già san Paolo lo affermava di sé: «Io sento le doglie del parto finché non sia formato Cristo in voi».
È, dunque, il Sacerdote partecipe della funzio­ne materna di Maria che si vede perpetuata nella missione generatrice del Sacerdote.
Questo vale anche con una certa analogia nella celebrazione eucaristica quando alla Consacrazione si fa presente il mistero dell'Incarnazione.
In Maria l'Incarnazione avviene per opera dello Spirito Santo: nella Consacrazione della
Messa la presenza di Gesù avviene per opera dello Spirito Santo.
II Sacerdote in unione con Maria e in nome di Maria è aiuto dei cristiani, salute degli infermi, ri­fugio dei peccatori, consolatore degli afflitti, poten­te come la Vergine contro il maligno.
La mano del Sacerdote schiaccia satana come lo schiaccia il piede verginale di Maria. Lo schiac­cia specialmente quando stritola satana con l'assoluzione sacramentale. Es.: san Paolo nella lettera ai Romani cap. 16, vers. 20 e seguenti af­ferma: «Ben presto il Dio della pace stritolerà sa­tana sotto i vostri piedi!».
Maria vede Gesù nel Sacerdote.
Il Sacerdote diventa Gesù per una trasforma­zione ontologica operate dall'Ordine Sacro. Gesù vive, è presente ed operante nel Sacerdote in quanto Capo del Corpo mistico insignito delle po­testà di Cristo, Sommo ed Eterno Sacerdote.
La Madonna vede e contempla nella luce della SS. Trinità le realtà divine di cui il Sacerdote è ric­co, vede davvero Gesù nel Sacerdote e non può non amarlo di amore di predilezione.
La Madonna vede che la trasformazione ope­rata nel Sacerdote è opera dello Spirito Santo e che perciò il Sacerdote è diventato strumento congiunto di cui si serve lo Spirito Santo per compiere l'opera della salvezza.
La Madonna vede Gesù operante nel Sacerdo­te in particolare nell'esercizio delle tre funzioni (munus) e potestà: Maestro - Pastore - Santificato­re.
Maria vede nel Sacerdote Gesù Maestro: e Lei lo aiuta a trasmettere la vera, sana e intatta dot­trina ai fedeli, Lei che è la Virgo Fidelis.
Maria aiuta il Sacerdote ad essere un Vangelo vivente e vissuto in modo tale che ai fedeli giunga prima la predica dell'esempio e poi quella della pa­rola.
Maria vede nel Sacerdote Gesù Pastore: Lei è stata chiamata da un Padre: la divina Pastora. Vuol vedere nel Sacerdote Gesù che vive in funzione della salvezza delle anime, delle pecorelle e degli agnelli ed aiuta con la sua materna intercessione il Sacerdote ad essere pastore pronto a sacrificare an­che la vita perché nessuna pecora vada perduta.
In questa funzione di Pastore Maria è alleata del Sacerdote come il Sacerdote lo è di Maria. Ma­ria è la Madre del gregge: il Sacerdote ne è il Padre.
Maria vede nel Sacerdote Gesù Santificatore delle anime attraverso la sua attività ministeriale e lo aiuta ad essere santo perché tutti i figli di Maria siano santi.
Nessuno più di Maria desidera e vuole che il Sacerdote sia santo davvero soprattutto con la vita immolata e spesa tutta per Dio e per le anime.
La Madonna anima il Sacerdote alla rinunzia come atto di amore e scelta di amore, sostenendolo affinché sia santo nell'anima e nel corpo con l'esercizio gioioso della purezza del cuore, della mente, dello spirito e del corpo.
Maria vede nel Sacerdote la estensione della sua fecondità verginale per opera dello Spirito Santo. Lei ha detto: «Non conosco uomo» e Dio l'ha resa feconda per opera dello Spirito Santo fa­cendola Madre del Cristo e della chiesa, del Capo e del Corpo.
Il Sacerdote liberamente e per amore col celi­bato dice: «Non conosco donna» e lo Spirito Santo lo fa padre e madre (come san Paolo che dice ai figli: sento le doglie del parto finché Cristo non sia formato in voi) e lo rende fecondo sul piano divino e soprannaturale di innumerevole prole.

Il Sacerdote rende presente Gesù

Gesù ha voluto condizionare la sua presenza eucaristica al segno del pane e del vino. Se manca il pane e il vino non vi può essere la presenza eu­caristica.
Gesù ha voluto condizionare la sua presenza di Pastore, di Maestro e di Salvatore all'azione e alla collaborazione del suo Ministro Sacerdote.
Ecco alcuni punti evangelici di riferimento che devono trovare il loro riscontro nella vita e nell'attività apostolica del Sacerdote.
1) «Siate miei imitatori come io lo sono di Cristo» può dire san Paolo ai suoi fedeli. Questo deve poter dire il Sacerdote ai fedeli per essere credibile.
2) «La mia dottrina non è mia, ma è del Padre mio», dice Gesù, e ancora: «Tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi».
Così il Sacerdote deve essere la bocca della verità perché egli non insegna ai fedeli delle opi­nioni, ma solo quello che insegna la Chiesa nel suo Magistero.
Se il Sacerdote non è con il Papa non è nem­meno con Gesù.
3) Gesù dice: “io santifico me stesso perché questi siano santificati nella verità».
Così i fedeli saranno santi se il Sacerdote è santo. «Il mondo cammina sulle orme dei Sacerdo­ti», è stato detto.
4) «Venite a Me voi tutti che siete affaticati e oppressi ed Io vi darò ristoro», dice il Signore.
E questo l'atteggiamento interiore che deve animare il Sacerdote perché attraverso il suo mini­stero i fedeli scoprano la presenza di Gesù Conso­latore e Salvatore.
In questo senso il Sacerdote deve «essere mangiato» dai fedeli, proprio come il Corpo di Cristo, che diventa Cibo e Nutrimento spirituale per le anime.
Ricordiamo il Vangelo che ci presenta Gesù e i dodici che non hanno nemmeno il tempo per prendere cibo e riposarsi... Invitati dal Maestro era­no andati al di là del lago per riposarsi... la folla li precedette... Gesù allora non fece un gesto di scontento o di stizza. Egli - dice il testo - ne ebbe pietà perché erano come pecore senza pastore.
Se il Sacerdote non ha questi sentimenti e questo programma di vita rischia di paralizzare
l'opera di Gesù il quale ha deciso di salvare le anime attraverso l'opera del Sacerdote.
Non vive così ogni mamma degna di questo nome? La mamma non ha un orario di lavoro sta­bilito dalla legge, ma ha un orario stabilito dall'amore!
5) San Paolo afferma: «Figlioli miei che io di nuovo partorisco nel dolore finché non sia formato Cristo in voi» (Gal 4,19).
È lo stesso discorso di Gesù quando dice: «Se il chicco di grano caduto in terra non muore, ri­mane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,26).
La fecondità del Sacerdote è proporzionata al suo essere crocifisso con Gesù Crocifisso.
Ai fedeli incombe il dovere di pregare e offrire sacrifici per ottenere Sacerdoti numerosi e santi.
Il Sacerdote realizza la presenza di Gesù Via, Verità e Vita:
«Via»: perché il Sacerdote è il Pastore che gui­da per le vie del bene il gregge di Gesù.
È il munus regendi, cioè il compito di gover­nare che è proprio del Pastore.
«Verità»: perché il Sacerdote - se unito e fede­le al Papa e al Vescovo - è il Maestro della vera Fede.
È il munus docendi, ossia il compito di inse­gnare come Gesù Maestro.
«Vita»: perché attraverso la sua azione mini­steriale e attraverso i Sacramenti il Sacerdote dona e alimenta la vita divina nelle anime.
È il munus sanctifzcandi, cioè il compito di santificare il gregge di Dio, partecipando in prima persona all'azione redentrice di Cristo.



Gesù presente nel Sacerdote

Gesù è misteriosamente, ma veramente, pre­sente nel Sacerdote. Il Sacerdote deve prendere sempre più coscienza di questa realtà che speri­menterà per opera dello Spirito Santo e con la soa­ve e materna opera di Maria, ma solo se diverrà sempre più l'uomo della preghiera. Farà la stessa esperienza di san Paolo: «Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me!».
Ecco alcune realtà da vivere:
Le mani del Sacerdote sono le mani di Gesù: mani aperte a diffondere i doni di Gesù nei contatti quotidiani con i fedeli nell'esercizio delle opere di misericordia.
Mani aperte nel donare le ricchezze della Grazia nei gesti rituali e sacramentali.
Mani aperte e stese sulla croce e inchiodate nel rinnegare se stessi per essere consumati dai fedeli. Mani crocifisse che salvano il mondo.
Mani aperte piuttosto nel dare che stese per ri­cevere!
Gli occhi del Sacerdote sono gli occhi di Ge­sù: occhi che cercano il volto del Signore! Vultum tuum, Domine, requiram.
Occhi come raggi di sole che arrivano anche al fango e alle sozzure, ma non si sporcano.
Occhi in cui brilla la Misericordia di Gesù e di Maria.
Occhi specchio di un cuore puro, limpido, pieno di carità, di gaudio e di pace.
È da questo tesoro del cuore cristificato che egli deve attingere a piene mani per dare dare dare non se stesso, ma Gesù!
Il cuore del Sacerdote è il Cuore di Gesù: Egli deve poter dire, come Gesù: «Imparate da me che sono mite ed umile di cuore!».
Cuore che palpita di un solo amore: amore fe­dele, generoso, totale, indiviso e bruciante per Gesù e per Maria.
Cuore, perciò, che ama i fedeli tutti indistin­tamente e solamente per Dio.
Il Sacerdote deve essere in tal modo Gesù da poter dire con tutta verità quello che Gesù diceva ai farisei: «Voi siete di quaggiù, io sono di lassù... Voi siete di questo mondo, io non sono di questo mon­do!» (Gv 8,23).
La bocca del Sacerdote è la bocca di Gesù: labbra che si schiudono solo per lodare il Signore, per esaltare le sue meraviglie davanti al mondo.
Labbra sacerdotali che benedicono, che consa­crano, che pregano.
La bocca del Sacerdote deve aprirsi solo per parlare di Dio, per insegnare le cose di Dio, per parlare con Dio.
Ecco, in sintesi, un programma: Il Sacerdote è nel mondo,
non è del mondo, è per il mondo!
È compito delle anime consacrate pregare e offrire sacrifici affinché tutti i Sacerdoti siano dav­vero coscienti del proprio essere Cristo in terra e siano santi!

Il Sacerdote

È il dono più grande fatto da Gesù giovedì santo a sera. È preso di mezzo al mondo, vive nel mondo, non appartiene al mondo, anche se è tale per il mondo. E figlio di uomini, ma ha il potere di rendere figli di Dio. È povero, ma può ricolmare di ricchezze infinite. È debole, ma rende forti col Pane della Vita. È servo, ma davanti a lui si in­ginocchiano i potenti. È mortale, ma dona l'immortalità. È luce e può stare nelle tenebre. È sale e può essere scipito. Porta la fede e può non averla. Deve sostenere e dev'essere sostenuto. Il suo perdono è quello stesso di Gesù. Anche il suo messaggio è quello di Gesù: un messaggio di gioia, di luce, di amore. È detto retrogrado, ma è sempre proteso ad ogni vero progresso. È tacciato di oscurantismo, ma a nessuno più di lui la società è debitrice. Quando è santo, lo si ignora. Quando è bene­fico, lo si trascura. Quando pecca, volentieri lo si calpesta. A tutti si è disposti a perdonare, tranne che a lui. Sono suoi amici preferiti i sofferenti, i deboli, i vacillanti, i moribondi. E fratello di tutti e deve restare estraneo a tutti. Vive solo, senza formarsi una famiglia. Sorride alla vita che nasce, benedice la morte che viene. Consacra l'amore e non deve conoscere l'amore, perché il suo cuore è di Dio e quindi di tutti i fratelli e non di una creatura soltanto. Quando celebra, solo qualche gradino è più in alto degli altri. Ma lui tocca il cielo! E quando confessa, è chiuso nel buio di un confessionale. Ma quanta luce nelle parole che dice: "Io ti perdono!". Il sacerdote "è il vertice di tutte le grandezze create" (Sant'Ignazio). È dotato di poteri eccezio­nali: cose che la Madonna e gli angeli non possono fare lui le fa: celebra e confessa. Quanti si raccomandano alle sue preghiere, e giustamente! Perché lui è l'avvocato dei fratelli presso Dio, è il pontefice (fa da ponte) tra Dio ed i fratelli. Per tutte queste ragioni il grande Monsabré diceva: "Potete essere grandi quanto volete, non lo sarete mai tanto quanto questo povero prete che cele­bra! ". Fino alla fine dei tempi il sacerdote sarà l'uo­mo più cercato e più incompreso, più amato e più odiato, più desiderato e più sfuggito, "segno di immensa invidia e di pietà profonda, di ine­stinguibile odio e di indomato amore" (Manzoni) - posto come Gesù a "segno di contraddizione". Il sacerdote deve confortare il suo insegnamento, il suo messaggio più con la vita che con la parola. Una testimonianza la sua tanto più difficile ed impegnativa in quanto spesso è chiamato - come Gesù - "a portare non la pace, ma la guerra ". Per questo la sua vita è una lotta permanente. Deve vivere a servizio degli altri fino a dimentica­re e sacrificare se stesso. Nei momenti più salienti dell'esistenza, gioiosi o tristi, il sacerdote è sem­pre accanto all'uomo. Deve ricordare a sé ed ai fratelli che la meta non è la terra, ma il cielo.