«Maestro, dove abiti?» chiesero Giovanni e Andrea a Gesù.
«Venite e vedete!» rispose il Signore. «Dov'è la tua dimora, o Sacerdote»? La dimora del Sacerdote è Triplice: L'Altare, il Tabernacolo, il Confessionale. L'Altare
È il luogo d'incontro tra l'amato e l'amante.
Il Sacerdote lo chiama: Lui risponde e viene, per opera dello Spirito Santo.
C'è il mondo da salvare, anime da strappare alla eterna rovina, anime da guidare nella via della santità.
Lui viene per questo e per mezzo di me Sacerdote diventa Maestro, Agnello immolato, alimento di vita eterna, compagno nel cammino verso la terra promessa.
È all'altare che Gesù - presente nel Sacerdote - si fa Maestro e Guida del suo popolo.
Mi si stringono intorno i discepoli del Signore ed io parlo... Quella parola è avvalorata e fecondata dalla potenza dello Spirito Santo e deve trovare riscontro e conferma nella mia vita.
«Siate mie testimoni!... Ammaestrate tutte le genti!...» mi ripete Gesù. E Lui parla in me Sacerdote.
Anche per me si deve verificare quanto dice il Vangelo di Gesù: «Cominciò a praticare e a predicare».
È all'altare che Cristo presente in me sta «sempre vivo ad intercedere per il gregge presso il Padre».
II nostro avvocato difensore!
Io Sacerdote devo essere il maestro della preghiera soprattutto all'altare.
Dico: «Preghiamo!». Tutta la Chiesa, Sacerdote e fedeli uniti a Cristo eleviamo la preghiera della Chiesa, espressa in tutte le lingue, ma è la stessa nel suo contenuto e nella sua efficacia che deriva da Cristo che ci unisce a sé orante.
È all'altare che Gesù - per mezzo di me Sacerdote - diventa l'Agnello immolato.
Io lo mostro al popolo e proclamo: «Ecco l'Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo!». Toglie i peccati perché se ne fa carico Lui. Toglie peccati perché con la Passione li distrugge.
Io sono un agnello del suo gregge e devo rendere presente in me il suo sacrificio che diventa il mio sacrificio.
lo l'ho chiamato... e Lui è venuto per essere immolato... Lui mi chiama ed io devo, come Isacco, stendere le mani per essere immolato e mescolare il mio sangue al suo Sangue Redentore.
È all'altare che Gesù per mezzo mio dice: «Prendetemi! Mangiatemi!».
Anch'io devo dire ai fedeli: «Prendetemi mangiatemi sono pronto in Gesù, con Gesù e per Gesù a consumarmi per voi!».
È all'altare che, come l'Apostolo Giovanni sul Calvario, io trovo la Madre Addolorata accanto al Crocifisso ed è lì che Gesù ripete a Maria per me e a me per Maria: Ecco tuo figlio! Ecco tua Madre!
È all'altare che il cielo si unisce alla terra e la terra al cielo, ed io Sacerdote devo essere il segno, la tabella viaria che indica l'unica via che porta alla salvezza.
È all'altare che i fedeli scoprono la vera identità e - se c'è - la santità del Sacerdote.
Nel linguaggio popolare, quando uno è ordinato Sacerdote, si usa dire: «Ha preso Messa!». Questa frase vuole esprimere il concetto che la Messa è il tesoro del Sacerdote, il suo motivo di essere, il centro della sua vita.
La Messa è il culmine del potere sacerdotale, dove il Sacerdote manifesta una potestà infallibile. Al suono delle sue parole, nella Consacrazione, Gesù si fa obbediente «fino alla morte e alla morte di Croce».
Gesù ha ubbidito al suo Sacerdote che, se è veramente compenetrato e cosciente del mistero cosmico che per suo mezzo si compie, dovrà, necessariamente, avere un atteggiamento interno ed esterno di una santità, gravità, compostezza e solennità unica.
La Messa non è una devozione privata da svolgersi secondo il proprio estro.
La Chiesa, consapevole della santità dell'azione sacra, ha messo degli argini invalicabili alla cosiddetta «creatività». Non si può manomettere la struttura della Messa aggiungendo o mutando o creando riti e preghiere e gesti conformi al gusto privato. Non la si può arrabattare e sbrigarsela come qualcosa di accidentale e secondario alla propria vita e attività. È questione di fede!
È raro, ma avviene che qualche Messa è buttata giù in 10 minuti.
È il treno ultrarapido!
Il celebrante arriva in fretta, celebra in fretta, scappa via in fretta perché Ahime! - ha altre cose importanti da fare!?!
Egli non si rende conto che quella «funzione sacra» diventa, in questo modo, «una sacra finzione».
«Venite e vedete!» rispose il Signore. «Dov'è la tua dimora, o Sacerdote»? La dimora del Sacerdote è Triplice: L'Altare, il Tabernacolo, il Confessionale. L'Altare
È il luogo d'incontro tra l'amato e l'amante.
Il Sacerdote lo chiama: Lui risponde e viene, per opera dello Spirito Santo.
C'è il mondo da salvare, anime da strappare alla eterna rovina, anime da guidare nella via della santità.
Lui viene per questo e per mezzo di me Sacerdote diventa Maestro, Agnello immolato, alimento di vita eterna, compagno nel cammino verso la terra promessa.
È all'altare che Gesù - presente nel Sacerdote - si fa Maestro e Guida del suo popolo.
Mi si stringono intorno i discepoli del Signore ed io parlo... Quella parola è avvalorata e fecondata dalla potenza dello Spirito Santo e deve trovare riscontro e conferma nella mia vita.
«Siate mie testimoni!... Ammaestrate tutte le genti!...» mi ripete Gesù. E Lui parla in me Sacerdote.
Anche per me si deve verificare quanto dice il Vangelo di Gesù: «Cominciò a praticare e a predicare».
È all'altare che Cristo presente in me sta «sempre vivo ad intercedere per il gregge presso il Padre».
II nostro avvocato difensore!
Io Sacerdote devo essere il maestro della preghiera soprattutto all'altare.
Dico: «Preghiamo!». Tutta la Chiesa, Sacerdote e fedeli uniti a Cristo eleviamo la preghiera della Chiesa, espressa in tutte le lingue, ma è la stessa nel suo contenuto e nella sua efficacia che deriva da Cristo che ci unisce a sé orante.
È all'altare che Gesù - per mezzo di me Sacerdote - diventa l'Agnello immolato.
Io lo mostro al popolo e proclamo: «Ecco l'Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo!». Toglie i peccati perché se ne fa carico Lui. Toglie peccati perché con la Passione li distrugge.
Io sono un agnello del suo gregge e devo rendere presente in me il suo sacrificio che diventa il mio sacrificio.
lo l'ho chiamato... e Lui è venuto per essere immolato... Lui mi chiama ed io devo, come Isacco, stendere le mani per essere immolato e mescolare il mio sangue al suo Sangue Redentore.
È all'altare che Gesù per mezzo mio dice: «Prendetemi! Mangiatemi!».
Anch'io devo dire ai fedeli: «Prendetemi mangiatemi sono pronto in Gesù, con Gesù e per Gesù a consumarmi per voi!».
È all'altare che, come l'Apostolo Giovanni sul Calvario, io trovo la Madre Addolorata accanto al Crocifisso ed è lì che Gesù ripete a Maria per me e a me per Maria: Ecco tuo figlio! Ecco tua Madre!
È all'altare che il cielo si unisce alla terra e la terra al cielo, ed io Sacerdote devo essere il segno, la tabella viaria che indica l'unica via che porta alla salvezza.
È all'altare che i fedeli scoprono la vera identità e - se c'è - la santità del Sacerdote.
Nel linguaggio popolare, quando uno è ordinato Sacerdote, si usa dire: «Ha preso Messa!». Questa frase vuole esprimere il concetto che la Messa è il tesoro del Sacerdote, il suo motivo di essere, il centro della sua vita.
La Messa è il culmine del potere sacerdotale, dove il Sacerdote manifesta una potestà infallibile. Al suono delle sue parole, nella Consacrazione, Gesù si fa obbediente «fino alla morte e alla morte di Croce».
Gesù ha ubbidito al suo Sacerdote che, se è veramente compenetrato e cosciente del mistero cosmico che per suo mezzo si compie, dovrà, necessariamente, avere un atteggiamento interno ed esterno di una santità, gravità, compostezza e solennità unica.
La Messa non è una devozione privata da svolgersi secondo il proprio estro.
La Chiesa, consapevole della santità dell'azione sacra, ha messo degli argini invalicabili alla cosiddetta «creatività». Non si può manomettere la struttura della Messa aggiungendo o mutando o creando riti e preghiere e gesti conformi al gusto privato. Non la si può arrabattare e sbrigarsela come qualcosa di accidentale e secondario alla propria vita e attività. È questione di fede!
È raro, ma avviene che qualche Messa è buttata giù in 10 minuti.
È il treno ultrarapido!
Il celebrante arriva in fretta, celebra in fretta, scappa via in fretta perché Ahime! - ha altre cose importanti da fare!?!
Egli non si rende conto che quella «funzione sacra» diventa, in questo modo, «una sacra finzione».
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